Gianmaria Marottini ci racconta alcune curiosità sui Taccuini di viaggio settecenteschi e in particolare sulla Raccolta maggiore di molti secreti di cucina, ritrovati in anni sette di suo viaggio per Regno di Napoli (1793-1801) di Salvatore Campisi Pistoja.
Cominciamo.
Quando i viaggiatori esploravano terre sconosciute in luoghi impraticabili o difficilmente raggiungibili, i loro resoconti erano ricchi di descrizioni di cose che mai avevano incontrato: territori, piante e manufatti, ma anche abitudini completamente diverse se non addirittura impensabili. Le grandi scoperte geografiche del XVI-XVII secolo avevano gli occhi di quei mercanti che si avventuravano alla ricerca di nuove vie commerciali e, così facendo, riportavano quello che sperimentavano, riportavano quel senso di stupore e di meraviglia che provavano al contatto con nuove popolazioni, animali straordinari e cibi così particolari da scommetterci il carico della propria nave. Era facile trovare descrizioni di intrugli che gli indigeni buttavano giù d’un fiato o di pappette corroboranti e scoprire che, una volta raggiunta l’Europa, la gente avrebbe adorato le nuove spezie chiamandole con nomi storpiati rispetto a quelli originali, come ad esempio il cioccolato e il mais.
Nel XVIII secolo i resoconti di viaggio cambiano la loro prospettiva e diventano raccolte di appunti presi da studiosi interessati all’archeologia e alla natura che viaggiano soprattutto in Europa, annotando reperti storici o catalogando specie animali o vegetali per acquisire e ampliare la propria cultura e sete di conoscenza. Questa esperienza di viaggio andava sotto il nome di Grand Tour che prevedeva un giro attraverso l’Europa a tappe, tra le quali al primo posto c’era l’Italia, durante il quale i giovani virgulti delle casate aristocratiche europee avrebbero dovuto apprendere l’arte, la politica e la cultura dei paesi visitati. Continua a leggere
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