Nella geografia gastronomica contemporanea, pochi piatti rappresentano meglio del poke, spesso accompagnato dall’avocado, quella globalizzazione culinaria un po’ superficiale priva di una identità precisa. Questo frutto esotico, la cui diffusione ha raggiunto livelli impressionanti negli ultimi decenni, nasconde una storia più antica e complessa che merita di essere approfondita con accuratezza, specialmente nel contesto dello "scambio colombiano". Questo concetto si riferisce al vasto trasferimento di piante, animali, tecnologie e culture tra il Vecchio e il Nuovo Mondo dopo il 1492, che ha profondamente modificato le abitudini alimentari globali. L’avocado è solo uno degli esempi di come prodotti americani abbiano influenzato profondamente la cucina mondiale. Il pomodoro, originario delle Americhe, trasformò radicalmente la cucina italiana, diventando fondamentale per pizza e pasta. Le patate, introdotte in Europa, rivoluzionarono l'alimentazione, diventando base della dieta irlandese e centroeuropea. Anche il cacao, consumato come bevanda dagli Aztechi, diventò in Europa la base del cioccolato moderno.
Quindi tornando all'avocado (Persea americana) era originario delle regioni subtropicali e tropicali dell'America Centrale e Meridionale ed era già ampiamente coltivato e apprezzato dalle civiltà precolombiane, in particolare i Maya e gli Aztechi. Questi ultimi lo chiamavano āhuacatl, termine che in lingua nahuatl significa "testicolo", con chiaro riferimento alla forma del frutto.
La prima documentazione europea dell’avocado risale al cronista spagnolo Martín Fernández de Enciso, che nel 1519 descrisse questo frutto come una delle delizie del Nuovo Mondo. E una decina di anni più tardi, secondo il frate Bernardino de Sahagún, autore della monumentale Historia General de las cosas de Nueva España (XVI secolo), l’avocado era consumato per il suo valore nutritivo ma anche per il suo potere curativo. Il nocciolo, per esempio, veniva utilizzato per trattare piaghe e ferite.
Ma, nonostante le testimonianze, la diffusione nel Vecchio Continente non fu immediata: l'avocado rimase infatti per lungo tempo una rarità relegata nei giardini aristocratici e nei trattati di botanica.
Solo molti secoli più tardi, negli Stati Uniti, in particolare in California, conobbe una vera rinascita commerciale grazie allo sviluppo del sistema di coltivazione inventato da Rudolph Hass che creò una variante del frutto con una buccia molto più resistente che aumentava la sua capacità di conservazione. Il metodo fu così efficace che permise all’avocado di affermarsi sui mercati globali.
Parallelamente, sulle lontane isole Hawaii nasceva il poke, termine hawaiano che significa letteralmente "tagliare a pezzi". Il poke affonda le sue radici nelle tradizioni culinarie degli antichi pescatori locali, che usavano insaporire tranci di pesce fresco con sale marino, alghe limu e noci kukui macinate. Rachel Laudan, autrice di The Food of Paradise: Exploring Hawaii's Culinary Heritage (1996), evidenzia come la preparazione del poke fosse non soltanto una necessità pratica ma un rito culturale intriso di significati comunitari ormai dimenticati o meglio sicuramente non presenti nei Poke attuali.
La fusione del poke con l'avocado è l’esempio del moderno concetto gastronomico di "fusion", espressione della contaminazione culturale e della valorizzazione estetica dei piatti. Tale abbinamento, nato negli Stati Uniti tra la fine degli anni '90 e l’inizio degli anni 2000, è diventato rapidamente popolare anche per la sua estetica attraente che enfatizza la freschezza, la semplicità e l’apparenza di cibo sano. Senza contare che Poke, visto che nessuno sa il suo vero significato, è un nome corto, facile da pronunciare in qualsiasi lingua e pure carino.
Oggi, l'attenzione alla natura e alla salute, amplificata ulteriormente dalla diffusione capillare dei social media, trova la giusta risposta in un’estetizzazione del piatto, che deve essere bello per essere buono.
Piatti come il poke con avocado e salmone, vibranti di colori e freschezza, rispondono efficacemente alle esigenze estetiche e salutistiche del pubblico moderno, incline a condividere le proprie scelte alimentari attraverso i social network. Questa nuova sensibilità culinaria pone l’armonia estetica e la salute personale come elementi essenziali nella definizione del piacere gastronomico contemporaneo e soddisfa ampiamente l’esigenza di dimostrarsi, almeno sui social, propensi a gusti semplici poco processati e naturali. O che appaiono tali.
Per approfondire:
Bernardino de Sahagún, Historia General de las cosas de Nueva España, Mexico, XVI secolo
Martín Fernández de Enciso, Suma de Geografía, Sevilla, 1519
Rachel Laudan, The Food of Paradise: Exploring Hawaii's Culinary Heritage, University of Hawaii Press, 1996
Alfred W. Crosby, The Columbian Exchange: Biological and Cultural Consequences of 1492, Greenwood Publishing Group, 1972