Il porridge oggi è considerato un superfood.
Ma che cos’è un superfood? Non esiste una definizione precisa e analitica ma possiamo definirlo come cibo naturale, denso di vitamine e proteine e scarsamente processato.
Insomma un cibo che “fa bene” e che dovrebbe entrare in qualsiasi regime alimentare. Inutile dire che il termine superfood è in qualche modo solo marketing alimentare ed è facile trovarlo in molti social che reclamizzano cibi associandoli a stili di vita sani.
La storia del cibo non è una semplice storia di sostentamento, ma un articolato racconto di gerarchie sociali, costruzioni simboliche e dinamiche economiche.
Per questo motivo risulta oltremodo interessante cercare di capire quali dinamiche abbiano portato la “pappa di avena” a diventare da basico mezzo di sostentamento per le classi meno abbienti a superfood.
Come rilevato da Pierre Bourdieu (1979), il gusto alimentare non è naturale: è il prodotto di pratiche sociali e di strategie di distinzione. Spesso viene indotto dalla classe dominante che ha la capacità di sovrascrivere i modelli di gusto nell’intera società.
Un secolo e mezzo fa Oliver Twist supplica "Please, sir, I want some more" in orfanotrofio riferendosi al porridge oppure, sempre Dickens ne Il Circolo Pickwick, definisse, spesso accoppiate, la povertà e le ostriche.
Ora le ostriche sono prelibatezze e il porridge un supercibo.
Il porridge: avena e acqua o latte. Una zuppa fatta di cereali con variazioni sia di ingredienti che di rapporto tra liquidi e secchi. Ma quasi sempre cucinata abbastanza per rapprenderla in una specie di poltiglia. Un cibo povero da rustici contadini. I riferimenti storici sono molteplici a partire da Tacito che nell’Agricola scrive "Pultes quotidiana sustinet corpus rusticum".
Il valore di riscoperta di quel mondo semplice caratterizzato da cibo semplice è cosi potente che si possono trovare a Londra locali che offrono porridge rivisto in menù gourmet.
Il porridge nasce nel nord Europa e si diffonde velocemente per tutto il continente restando però appannaggio delle zone più temperate poi si diffonde attraverso le colonie americane dove troviamo la storia del ribaltamento alimentare più famosa. Quella delle aragoste. Non la ripeterò in quanto tutti la riportano. Però desta sempre un po’ di stupore immaginarsi servi e operai lamentarsi pubblicamente di essere costretti a mangiare per più di tre volte alla settimana aragosta nel 1642, ma ancora di più leggere John J. Rowan che nel 1876 sosteneva che vedere resti di gusci di aragosta vicino alle case era sinonimo di povertà e degrado.
Neanche un secolo dopo, l’elevazione dell'aragosta come status symbol è evidente nella letteratura ad esempio, in The Great Gatsby (Fitzgerald, 1925), "We dined on lobster and champagne under the stars."
Il porridge e l'aragosta non sono semplici alimenti: sono specchi sociali. Essi incarnano la storia delle lotte per il prestigio, delle trasformazioni economiche, delle narrazioni culturali che decidono chi può accedere a cosa, e perché lo deve fare.
La memoria collettiva dei cibi "poveri" sopravvive ancora oggi nelle pratiche di recupero gastronomico contemporaneo, nei trend del "rustico chic" e nella nostalgia per un'autenticità perduta.
In ogni cucchiaio di porridge gourmet, in ogni piatto di aragosta selezionata, si cela una storia di differenze, adattamenti, distinzioni, di gusti decisi e forse imposti dalla classe dominante e dalla idea di società che rappresenta.
Mentre per l’aragosta la scarsità (indotta dall’uomo o meno) può spiegare l’elevazione di questo crostaceo a livello di status sociale, per il porridge la questione è più sottile.
Anche in questo caso ci può aiutare Bourdieu in quanto non solo la scarsità può generare una differenziazione sociale elevando le barriere di accesso economico ma anche la ritualizzazione del cibo diventa un modo per differenziarsi.
Il superfood ha un rituale specifico, fatto di abitudini comportamentali, attenzione al proprio corpo e al controllo di sè. Il super food incarna valori che non sono legati al gusto o alle capacità nutrizionali del cibo ma esclusivamente sociali e di fatto creano distinzioni sociali.
Se un secolo fa avessimo immaginato una persona che mangiava porridge avremmo immaginato un contadino esausto dal lavoro fisico trovare sostentamento in quello scarso cibo.
Ora nel nostro immaginario collettivo chi mangia il porridge lo fa osservando l’alba dal proprio terrazzo dopo aver fatto yoga pronto ad affrontare una splendida giornata. E’ diventato super food.
Per chi volesse approfondire: Pierre Bourdieu, La distinzione. Critica sociale del gusto (La Distinction. Critique sociale du jugement), 1979
Anche lì si tratta di astice. Il famoso Maine lobster.
Ottima lettura. Un dettaglio. In Inghilterra è abbondantissimo l'astice (quello con due grosse chele, in francese homard, che prima di essere cotto è blu), e quindi probabilmente servi e lavoratori inglesi avrebbero mangiato appunto l'astice e non l'aragosta (langouste), più rara in quel paese, e che a quei tempi veniva chiamata crayfish o sea crayfish (oggi spiny o rock lobster). In generale se non si specifica spiny o rock lobster, in inglese quando si dice "lobster" si presume si parli di astice.